Photopaint secondo Cesare Botto

L’incontro di due artisti che intendono collaborare, o per meglio dire, che vogliono unire i loro singoli lavori al fine di proporsi al pubblico coralmente aumentando a tal modo il bacino di fruizione, non è certo una novità né, tantomeno, un motivo di particolare interesse sul piano squisitamente artistico.

 

Rilevante e, crediamo nuovo, è invece vedere fuse insieme due personalità che operano in ambiti diversi, fotografo e pittore, ognuno dotato di cultura, sensibilità ed esperienza proprie, che si fanno promotori di un progetto tendente a sfatare e annullare l’antico dissidio esistente tra le due espressioni artistiche. Inoltre questo progetto acquista maggior dignità e rilievo oggi che la fotografia è entrata di diritto, e con grandi presenze, nel territorio della pittura, ovvero in quello che è considerato il mondo delle arti visive tout-court.

 

E’ vero che esistono precedenti esperienze di grandi maestri che hanno operato simbioticamente con le due arti creando lavori straordinari, tali da aprire nuove frontiere e delineare nuovi orizzonti per le generazioni a seguire. Basti citare alcuni nomi che ormai appartengono alla storia dell’arte quali Man Ray, Duchamp, Kurt Switters, i Surrealisti, Jim Dine, R. Rauschenberg, Andy Wharol, Joseph Beuys, il gruppo Fluxus, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Giulio Paolini, G. Penone, Gilbert&George, Arnulf Rainer, i guppi happening, body art, performance ecc. e l’elenco potrebbe continuare a lungo, ma si pone un termine per chiarire infine la differenza, almeno tecnicamente, tra chi ci ha preceduto e noi che siamo: Ober Bondi fotografo e Cesare Botto pittore.

 

Stando a quanto ci è noto, risulta infatti che tutti gli artisti citati e non, nelle loro manifestazioni e nella loro produzione, ognuno con i propri obiettivi di innovazione e di stile, approdano a un risultato finale definibile unicum anche quando – come nei lavori di Gilbert&George – gli autori di fatto sono due. Altri esempi si potrebbero fare in cui l’artista si avvale di collaboratori professionisti che partecipano materialmente all’elaborazione dell’opera, eseguendo interventi secondo le precise indicazioni del maestro, ma uno solo appare infine come autore.

 

Il nostro modo di operare dunque si pone in altri termini: concordato e definito un tema da sviluppare, le dimensioni da adottare e la eventuale sede per l’esposizione, Bondi inizia la sua ricerca dei soggetti e realizza gli scatti che producono le immagini – rigorosamente in bianco/nero – che diventano oggetto di studio e di interpretazione pittorica da parte di Botto. Ma questo intervento non avviene direttamente sulla fotografia, bensì l’artista si avvale di un diaframma trasparente – vetro o perspex – sul quale deposita il tessuto pittorico che, in questo modo, entra in dialogo con l’immagine sottostante. Le due entità inoltre, sono distanziate tra di loro di alcuni centimetri utili per creare uno spazio vitale all’interno e per ottenere un effetto prospettico mutante in ragione del mutare del punto di osservazione. Altro dettaglio interessante è il gioco delle ombre prodotto sulla foto dalla luce interrotta nel suo passaggio dai segni dipinti sul vetro che ridisegnano un nuovo reticolo di forme di natura puramente virtuale.

 

Si è detto che Altri prima di noi hanno elaborato interventi a più mani con intenti concettuali di grande spessore e che hanno aperto strade straordinarie alla crescita del pensiero umano. Noi onestamente riconosciamo il debito che abbiamo verso di loro, ma vogliamo altresi affermare che la nostra ambizione è quella di portare il nostro modesto contributo per avvicinare maggiormente le persone all’arte, per coinvolgerle in una dimensione dove lo spirito è il medium catalizzante, dove il colore e l’immagine interagiscono sviluppando inedite forze propulsive e dove il concetto di libertà trova finalmente il suo Eden.

 

Cesare Botto, Cuneo martedì 17 gennaio 2012.

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